La rappresentazione del conflitto

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La rappresentazione del conflitto



Sembra un vecchio adagio, una frase fatta, qualcosa da ripetere pedissequamente al bar tra un bicchiere e l’altro, ma in queste settimane ha confermato la sua straniante attualità.

La Storia si ripete ... e quasi sempre in peggio.

In Europa, dopo più di settant’anni, è tornato un conflitto che ha sconvolto gli equilibri sociopolitici di una nazione, provocando una diaspora umanitaria, l’aumento delle tariffe energetiche, il crollo della borsa globale e una situazione d’incerta instabilità di cui le generazioni attuali non hanno memoria. Stiamo parlando del conflitto che vede schierati sui fronti opposti la Russia di Vladimir Putin e l’Ucraina di Volodymir Zelensky.

Come ben saprete, dopo più di un mese di tensioni militari lungo il confine dei due paesi, il 25 febbraio 2022 le forze armate sovietiche hanno invaso il territorio ucraino, provocando di fatto la guerra che ha scosso l’opinione pubblica di tutto il mondo.

Mai come in questo periodo si è rimesso in discussione le fondamenta del ruolo dell’Europa, della NATO, dell’ONU e dello stesso equilibrio geopolitico.

La molto futuribile Terza Guerra Mondiale, fino ad ora soggetto di film, romanzi e videogame, sembra improvvisamente diventata tangibile uscendo dalle nebbie indistinte in cui era sempre rimasta confinata. Le sirene antiaereo risuonano nelle notti di Kiev, mentre il cielo di Odessa è rischiarato a giorno dalle esplosioni dei razzi. La guerra è tornata … e con lei le modalità di combatterla.

Questo non significa soltanto il dispiegamento di carrarmati, mitragliatrici, missili, contraerea, bombe a grappolo … ma anche dell’uso della guerra mediatica.

Come diciamo spesso, siamo nell’era della comunicazione: in nessun momento della storia dell’umanità le persone hanno avuto modo di accedere liberamente (e gratuitamente) a una simile quantità d’informazioni provenienti da ogni parte del mondo. Un uomo che vive nel cuore dell’Alaska può comunicare in pochi secondi con un cittadino di Pretoria; un abitante della Francia può ricevere comodamente a casa sua un libro proveniente dal Canada.

Nel corso dei precedenti conflitti che hanno flagellato l’Europa, le informazioni erano quasi sempre giunte attraverso il filtro dello Stato: durante la Grande Guerra, erano i giornali (i cui articoli erano sottoposti a censura) ad offrire una specie di filo diretto con i luoghi del conflitto.

Anche le fonti più informali, come le lettere e i diari dal fronte scritti dai soldati, erano resi pubblici soltanto dopo un attento controllo.

Durante la Seconda Guerra Mondiale, oltre alle classiche forme di comunicazione cartacea, i reperti audiovisivi si erano fatti molto più numerosi, ma all’epoca non si potevano certo definire uno strumento alla portata di tutti: la tecnologia per le riprese era costosa e complessa, quindi soltanto le autorità potevano diffondere la loro visione delle cose.

Per noi contemporanei può sembrare incredibile renderci conto della straordinarietà degli strumenti che abbiamo a disposizione, ma negli anni ’40 nessuno poteva fare una diretta Instagram o girare video 4k raccontando la sua verità. Adesso, invece, si può.

Per questo la guerra tra Russia e Ucraina sta venendo combattuta anche sul terribile fronte dell’opinione pubblica attraverso l’uso smodato di video, comunicazioni, dirette e soprattutto news. Che siano reali, oppure fake.

Un tempo, come raccontava lo storico March Bloch, le false notizie nascevano per il passaparola tra i soldati e servivano per deprimere o recuperare il morale, togliere o infondere coraggio.

Adesso le notizie corrono sulla rete, sui post di Twitter, sui vari social di Zuckemberg: foto della guerra e delle sue terribili conseguenze vengono postate a ritmo serrato, con tanto di nuovi eroi veri o presunti (come “Il fantasma di Kiev”) destinati a riempire l’immaginario dei soldati.

Zelensky, impossibilitato a lasciare la sua terra, si espone regolarmente sui suoi profili social e si collega ogni giorno via Zoom con i parlamenti europei, perorando la causa e denunciando i crimini dell’esercito sovietico nei confronti dei civili, mostrando spesso dei video a supporto delle sue affermazioni.

Anche Putin non sta a guardare: vengono diffuse dichiarazioni solenni e “presidenziali” in cui il leader russo porta le sue motivazioni e denigra i rivali, definendoli inadeguati e veri responsabili dell’escalation. Le fonti d’informazione canonica, come i giornali e i grandi network, sono in difficoltà a tenere il passo della rete: al giorno d’oggi tutti i soldati e civili sono in possesso di uno smartphone e possono diffondere ogni tipo di contenuto in quantità illimitata e in tempi brevissimi, battendo regolarmente sul tempo le testate ufficiali.

Un attivista presente sul campo può inondare il Web in maniera indipendente, senza filtri, costi e con molta più scioltezza di un corrispondente di guerra: la difficoltà di reperire materiale in tempo ha persino costretto alcuni TG a usare video di repertorio per alcuni servizi, provocando accese polemiche e inducendo in molte persone l’idea che i media ufficiali non siano inaffidabili.

Come durante la Grande Guerra tra i militari serpeggiava l’opinione che sui giornali ci fossero solo bugie e che la verità si trovasse nel passaparola, attualmente tra l’opinione pubblica comincia a nascere l’idea che soltanto sui social ci sia la l’informazione in “presa diretta”.

Da qualsiasi prospettiva si voglia giudicarla, una guerra è sempre una tragedia allucinante in cui le persone, volenti o nolenti, si trovano nella parte degli attori di un dramma di cui non possono conoscerne il finale. Nella speranza che possa concludersi il prima possibile, non possiamo fare a meno di notare che anche la guerra in Ucraina segue lo spirito dei tempi e si appresta a diventare il conflitto più documentato della Storia.

E buona parte di questa documentazione, sarà fornita attraverso il video.


Per info e contatti
Paolo: info@playstopvideo.it

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