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La pubblicità che Vuole Tutto


Aldilà delle tante variabili, ci sono alcuni principali macro approcci per la realizzazione dell’advertising: diretto e indiretto. Lineare o evocativo. Classico o moderno.

Supponiamo di dover pubblicizzare una bottiglia d’acqua minerale.

Il metodo classico suonerebbe più o meno così: “Comprate Acqua X, Acqua X è il meglio che c’è, ha tutto, è testata, è buona. Compratela.” Magari con l’aggiunta di un testimonial famoso che sorrida smagliante in camera mentre vi giuri di berla tutti i giorni (quando costui è un famoso calciatore che, data la fama, forse beve acqua soltanto sotto la doccia).

Oppure esiste un metodo più moderno, implicando lo storytelling: invece di sbattere in faccia il prodotto, lo si suggerisce, lo si presenta per accostamento, creando un climax ascendente di immagini e sensazioni che vedono proprio nell’acquisto o nell’utilizzo dell’item la soluzione a tutti i nostri problemi.

Quindi useremo ancora il famoso calciatore che tutti conoscono, ma stavolta lo si vedrà in campo, mentre gioca a tutta forza dando fondo a ogni briciolo delle sue energie, sudando e sbuffando come un mantice: a guardarlo, abbiamo la gola secca NOI per lui!

A quel punto, dopo aver segnato un goal, si disseterà con la vostra adorata bottiglia d’acqua con la marca in bella vista: avete sete? Sapete cosa bere: se va bene per quel fenomeno dopo uno sforzo simile, figurarsi per voi!

Quale delle due strategie pubblicitarie è la migliore?

Per il portafoglio, si potrebbe pensare la prima: un filmaker, un testimonial, un video tecnico col prodotto e poi tutti a casa.

La seconda modalità richiede, in aggiunta: uno scriptwriter, una location, delle eventuali comparse/attori e un lavoro di post produzione sicuramente più alto.

A livello economico, non c’è gara. A livello di resa?

Qualcuno degli imprenditori della vecchia scuola potrebbe dire: “Il classico funziona, spendo meno, che domande sono?” Vero, ma andiamo a guardare cosa fanno i migliori.

Prendiamo un esempio dei migliori: la NIKE.

Per quei quattro visitatori di un’Altra Galassia che fossero sbarcati l’altro ieri sulla Terra con il loro disco volante, si tratta della società vertice nella fornitura di abbigliamento e attrezzatura sportiva al mondo: fattura qualcosa come quaranta miliardi di dollari all’anno.

I suoi rivali sono MOOOOLTO indietro: bastai dire che Nike fattura il doppio della seconda in classifica, l’Adidas. In parole povere: non ha bisogno di pubblicità, tutti sanno che esiste e che è lei a comandare il mercato. Eppure, fa pubblicità. E la fa bene.

Con investimenti all’altezza del suo fatturato. E la fa moderna.

Nel dettaglio, ho in mente un video specifico: si tratta dello spot “Want It All” girato per la stagione della NBA nel 2017.

Il filmaker? F.Gary Gray: nel curriculum, Fast and Furious 8. Non si scomoda per poco.

Location? Tra le altre, il CG Stadium gremito di gente al massimo delle sue possibilità. Non certo una scelta economica.

Sportivo famoso di riferimento? LeBron James, uno che guadagna quaranta milioni l’anno giocando a basket. Di certo non lavora per un gettone presenza.

Team creativo? Un’importante e famosa agenzia di Portland. Non si mettono all’opera soltanto per un compenso a quattro cifre.

Se invece preferite un riassunto, racconta di un ragazzo dei quartieri poveri che persegue il suo sogno di diventare un giorno un grande giocatore di basket, come il suo idolo LeBron James (con cui ha pure l’onore di scambiare qualche passaggio a uno stage).

Riesce a trovare posto in una squadra professionistica, ma al momento decisivo, in cui il suo tiro può fare la differenza, gli manca il coraggio e decide di passare a un compagno. La sua squadra perde e lui ne esce distrutto, con il peso della colpa affibbiatogli da tutti i compagni e dall’opinione pubblica.

Ma non si arrende. Si allena duramente, come un ossesso: si riscatta, viene acquistato dai Cleveland Cavaliers con cui, nel finale, vince da campione una partita con un gioco di squadra condotto insieme al suo idolo e ora teammate LeBron, che questa volta è lui a passarli la palla.

Il finale adrenalinico si chiude sullo slogan ed il logo della Nike, il famoso Swoosh.

In quel momento, ci rendiamo conto che abbiamo visto per tutto il video delle persone indossare maglie, pantaloncini e scarpe griffate Nike.

Onestamente, alla prima visione non me n’ero neppure accorto, ma la comparsa del logo finale, mi ha lasciato impresso un messaggio: chi veste Nike, è un vincente!

Una persona che persegue i suoi obiettivi, che crede nei suoi sogni e combatte per essi. Che non si arrende e che se cade, sa rialzarsi.

Questo è il messaggio della Nike: Voglio tutto, e se tu vesti le mie creazioni, anche tu sarai un grande.

Dopo tre anni, questa pubblicità è ancora rimasta nella mia memoria non tanto per le maglie, dato che a basket neppure gioco, ma per la forza dirompente del suo messaggio che oggi mi fa pensare alla Nike nei termini che ho appena descritto.

Pubblicità con o senza storytelling? La Nike ha già scelto.

Volete tutto anche voi?



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Paolo: info@playstopvideo.it